23/03/10

Lowe.



Sono stata in Lowe. E tanto basta per capire che uno è stato in Pirella Lowe Fronzoni.
Nell'estate scorsa ero lì per una gara. Lui, Emanuele, è apparso sulla porta.
Io mi sono girata verso i miei colleghi e ho detto "ma è quello vero o un cartonato? Lo posso toccare?"
A me fa sempre effetto vedere le persone che hai sempre e solo visto sui libri di scuola, o meglio: sulle pagine stampate con cose come "chi mi ama mi segua".
Sono quei personaggi che davvero hanno fatto la pubblicità.
Sono quelli coi nomi sulla porta.
Sono i padri.
I fondatori.
I maestri. Quelli che usano il vecchio sistema, che non vogliono vederti davanti al computer ma vogliono LE IDEE.

Mi hanno raccontato una scena bellissima capitata nei giorni in cui io ero lì:
una riunione per un grosso budget, in un teatro. Un grande cliente nazionale che commercia pasta chiama una ventina di agenzie. Passano il brief a quel modo: parlando agli AD delle agenzie come fossero un pubblico.
Saranno circa 50 persone.
Lui lascia fare e alla fine si alza in piede e dice:
"Scusate, ma io sono troppo stanco e troppo ricco per stare a sentire un brief così. Non ho intenzione di far partecipare la mia agenzia a questa gara ridicola".
E se ne va.
Un signore.

Lui è uno di quelli che verranno ricordati, alla faccia dei tanti direttori creativi che vincono premi fittizi e che non stanno facendo la storia.

Ciao Emanuele.
: )

17/03/10

Alex.

E' l'uomo dei magheggi del sito.
Vi incollo qui il testo.
Ma lo potete leggere anche dal suo blog.



Il nuovo sito di Roberto Saviano è online. Una piattaforma decisamente avanzata per dare la possibilità a lui e tutto lo staff di pubblicare ogni tipo di articoli. Il sito è ben fatto e la grafica è accattivante. La struttura è semplice e funzionale e fin qui la cosa non è questa gran notizia. Se non fosse che ho scritto personalmente ogni riga di codice del sito per motorizzare un’idea nata da Selmi Bali Barissever, seguita con passione da Valentina Maran e Cristina Mazzocca. Il tutto realizzato da Smallfish nell’arco di poche settimane su piattaforma wp con implementazione WP Framework e nuove funzioni PHP/​Jq. Wp “The Code is Poetry” spacca.. c’è poco da fare! Complimenti a tutti, con l’augurio a Roberto di poter sempre difendere ciò in cui crede, a tutti i suoi fans di seguirlo e leggerlo sul nuovo sito, e al sito di non avere troppi bug :D.

16/03/10

Orgoglio.



Avete presente quando, col petto gonfio e lo sguardo lucido dall'emozione dite "quello l'ho fatto io"?
Ecco, il sito di Roberto Saviano l'ho fatto io.
Ma non da sola: con Selmi Bali Barissever - un bravissimo art director con cui ho avuto la fortuna di collaborare negli anni.
Grazie anche ai meravigliosi ragazzi di Smallfish- realizzatori del sito- che mi hanno supportata e sopportata (chiedo ufficialmente che facciano un monumento al Alex Giustolisi nel cortile del palazzo!)
Grazie anche a Cristina Mazzocca perché è lei che ha messo in moto la macchina infernale. E senza la Cri, nulla si muove.
Io vado orgogliosa di tutti loro.
: )


Se volete fare loro i complimenti, qui ci sono le loro mail:
Selmi Bali Barissever – selmico@selmico.com
Smallfish- info@smallfish.it
Cristina Mazzocca – lacricri70@gmail.com

11/03/10

Non mi ci riconosco -oggi meno che allora.


Ripropongo il pezzo che avevo pubblicato in questo blog e che è stato citato nel libro di Anais Ginori "PENSARE L'IMPOSSIBILE- donne che non si arrendono"

(mi fa sempre ridere rileggerlo... peccato che sia tutto vero)




- Io non mi sci rihonosco.
Ha un accento toscano fortissimo.
Sfido che non si riconosce: abbiamo usato donne vere, per carità, magari un attimino più in forma di lei, ma vere.
- Non mi sci rihonosco perché io non so micha chossì!
Eh, no, lei è grassa, con la ricrescita che urla vendetta. Abbina calzoni larghi sfatti, blu di maglia, con magliette di due taglie più grandi, marroni con motivi floreali e brillantini.
Suda.
Suda molto.
E si chiazza.

E’ talmente brutta che non può venirti il dubbio che sia stata messa lì per meriti estetici. Sicuramente ha carattere.
Purtroppo, come tutti i direttori marketing, non capisce una mazza di marketing.
Peggio ancora: non capisce niente di donne.
- Voglio vedere una donna vera, una donna he lavora!
- Ma infatti è così – azzardo – Quella che vediamo è una giornalista, fa una vita intensa, sempre impegnata. Tra orari di redazione, viaggi all’estero per gli articoli. Una donna che ha una vita piena, anche di interessi.
- E’ troppo alta di profilo.
- Beh, un minimo aspirazionale la dobbiamo fare… non fa mica la scrittrice! O il primo ministro! Fa la giornalista!
- Le donne non sci si rihonoscono: Voglio proprio vederla quella he sta ffori dalla mattina alla sera!
- Io!- Le faccio.
Io che mi alzo alle sei del mattino e non rientro prima delle otto di sera, quando va bene.
Io che, se serve, vengo spedita di qua e di là nel globo a seguire campagne pubblicitarie.
Io.
E sono normalissima.
Faccio un lavoro comune. Faccio gli orari della maggior parte delle mie amiche che vivono in provincia.
- E’ una cosa normalissima.
Dribbla.
- E questa hosa dell’homo?.
Lo script prevede che la protagonista sia una persona reale, single, una dalla vita piena ed è normale che abbia partner diversi, conosciuti magari una sera.
Oppure uomini che frequenta di più, ma nulla di fisso.
Vero, insomma, perché a noi donne, che diamine, piace anche trombare per il gusto di trombare!
- Beh, molte donne non hanno un partner fisso e ormai è entrato nelle normali vicende della vita quotidiana quelle di avere più di una relazione. Il fatto di far vedere lei che usa il detergente intimo in tutte le occasioni della sua vita, compresa quella prima di avere un rapporto, fa capire la grande fiducia verso il prodotto.
E cccheccacchio: te lo farai un bidet prima di stenderti uno, o no?
Inspira, espira, poi alza voce.
- Miha tutte!
La incalzo
-Beh, quelle in target sì!
E a questo punto le parte quello che noi chiamiamo l’incazzometro;
la faccia comincia a diventarle paonazza;
una specie di sfogo d’orticaria che le parte dal collo.
Alza la voce. Non mi guarda. Sono la più bassa in grado in questa riunione e secondo la sua idea di gerarchia, non dovrei parlare. Ma se non difendo io questo mese di lavoro, non lo farà nessuno. E poi è una questione di principio nei confronti della realtà.
- Ho detto he l’idea he diamo della donna non va bbene!
- Ma è reale!
Il rossore passa dalla gola al mento.
Fissa a turno tutti i miei superiori
Io insisto, tanto ormai è partita
- … e poi usando lei possiamo farla vedere in varie situazioni della vita: 4 prodotti, 4 necessità diverse, e poi anche salviettine da viaggio:
la facciamo vedere in palestra per l’antibatterico, o appunto, visto che ha una vita sessuale attiva, facciamo capire che usa quello, poi il delicato se lo deve prestare a un’amica, o magari mentre studiavano all’università e avevano esigenze diverse. Per quando è in viaggio all’estero, in qualche missione umanitaria, o campo profughi, o situazione igienica difficile, si porta le salviettine. Insomma: è un personaggio credibile, interessante, di formazione. Con un lavoro normale, ma aspirazionale.
Capisco che non l’ho convinta dalla faccia ormai completamente paonazza.
- Non voglio sentire altro. E’ SBAGLIATO.
Ormai non parla. Urla.
- Io voglio una donna diversa. Le donne non sono miha queste! Le donne lavorano, tornano a hasa e poi quando arrivi e apri la porta… beh, che c’è di più bello che trovare tuo marito che t’aspetta hoi bambini? Questa è una donna vera! Niente è più bello che tornare a chasa e trovare tuo marito che t’aspetta.
Si, magari sul divano coi piedi sul tavolino mentre guarda la tv, i pargoli ti devastano casa e tu pensi che non muore anche se per una volta nella vita prepara lui la cena.
-la gjioia dei figli! Io voglio una chosa chossì! La freschezza, la normalità!
Va in bagno, si rinfrescha. Io voglio questi valori!

E da qui si riparte.
Film con donna che esce dal lavoro, prende i mezzi, torna a casa. Apre la porta e le si spalanca il magico mondo delle meraviglie: 2 figli, maschio e femmina, e il marito che l’accoglie sorridente prima che lei vada a farsi il bidet.
Andiamo in test con quello.
E il test lo boccia: le donne non ci si riconoscono.
Per fortuna.
Questo però vuol dire che si riparte di nuovo.
Su un altro prodotto.
Igiene intima, target giovanissimo, prodotto che dà estrema freschezza. Quasi glaciale.

Ok. Quindici giorni dopo torniamo da Sherk (in ufficio la chiamiamo affettuosamente così)
Lo spot: una barista che lavora in un lounge bar.
E’ una piuttosto aggressiva e decisa: lavora per mantenersi agli studi, per non pesare sui suoi.
E’ una che, proprio per il lavoro che fa ha la possibilità di conoscere e frequentare numerosi ragazzi.
Usa il prodotto super fresco perché gli piacciono le sensazioni decise.
Non è una da vie di mezzo. O così o così.
Infatti durante quella stessa serata ammicca a uno. Stacco, il giorno dopo la vediamo correre fuori di casa in ritardo, assonnata, ma non prima di aver cacciato lui dall’appartamento mettendogli i vestiti in mano di corsa.

Silenzio dopo la presentazione.

- secondo me mancha il sorriso… è pocho luminosha…

Beh, se è solo quello forse lo salviamo ancora ‘sto spot.

Si toglie la notte. Deve essere diurno. E si deve vedere di più il bagno di casa.
Si cominciano a tagliare secondi di descrizione sul personaggio di lei. Addio indipendenza, addio alla poesia del “vivo in un monolocale ma almeno è mio”, addio al suo carattere deciso.

Ripresentiamo.
- Ragazzi, che ve lo devo anchora ripetere? Il bagno! Il ba-gnooo. E’ un detergshente intimo! Questa sta sempre al bar!
No. Al lavoro. Come la maggior parte delle donne.

Alla terza presentazione la vogliono vedere in bagno e basta. Quello di casa. La protagonista diventa un’asociale che passa la vita al cesso.
Lasciamo almeno le foto di lei sul mobiletto del bagno per far capire che è una barista, che lavora, che non è miss nessuno.
Ma reputano lo spot ancora troppo descrittivo su di lei e poco sul prodotto. Bisogna lavorare di più sull’assoluta freschezza.
Alla quarta presentazione lei è morta. Rimane solo questa femmina che si aggira per pochi secondi in sala e poi per il resto in bagno, felice e gioiosa di farsi un bidet ghiacciato.
Ripresentiamo lo spot così.
Niente parole intelligenti, Niente orgoglio per quello che si è. Niente indipendenza, decisione, niente carattere forte.
La femmina è gioia di lavarsi, grandi sorrisi e moine in macchina.
Chi sia, cosa faccia, che cosa pensi non importa. L’unico sentore di riconoscibilità che le donne avranno sarà quello estetico. Stop.

E finalmente Shrek annuncia:
- Finalmente mi sci rihonosco!
Già. Come no. Infatti la protagonista è una ragazza brasiliana con un culo marmoreo in primo piano dall’inizio alla fine, e un’inspiegabile gioia esistenziale nello schizzarsi d’acqua e nel farsi un bidet ghiacciato prima di uscire.
Ovviamente col fidanzato storico. Guai a pensare che possa essere libera sessualmente, eh!

E chi non ci si riconosce?!

Ok. Quello spot che gira ancora su tutte le reti è colpa mia.
Mea culpa.
Ma dio solo da se non c’ho provato a fare qualcosa di vero.

10/03/10

Cattiva pubblicità.



Da molto tempo insisto scrivendo pezzi su quello che non mi piace della comunicazione.
E su quello che non mi piace della pubblicità.
Ho avuto la fortuna di essere intervistata da Anais Ginori per questo libro di Fandango
"Pensare l'impossibile - donne che non si arrendono".
Mi trovate qui in mezzo, tra altre persone che la pensano come me. Ma anche no.
: )


Ecco la presentazione del libro:

Quando si parla di donne, in Italia prevale la rassegnazione. Battute grevi, il corpo femminile che diventa oggetto di marketing, la sottomissione come consuetudine, sterili e umilianti dibattiti sulle quote rosa. Il “velinismo” è ormai un criterio selettivo, e solo lo scatto d’orgoglio di una moglie, Veronica Lario, ha creato un temporaneo moto di indignazione contro il “ciarpame senza pudore”. I principali istituti nazionali di ricerca pubblicano i dati sulla condizione delle donne: ogni volta è un po’ peggio. Meno di una italiana su due lavora, record negativo europeo, le violenze di genere aumentano, altro primato inquietante. Va così, lo stato delle cose è questo. Davvero non è possibile fare nulla davanti a questa situazione? E non c’è modo di schiodarsi da quell’umiliante 72° posto, su 135 paesi, questa la classifica che ci viene assegnata dal nuovo rapporto sul divario di genere del World Economic Forum?



Anaïs Ginori dà voce alle donne, sparse per la penisola, di ogni ordine e grado, che invece non intendono rassegnarsi e continuano a pensare l’impossibile. Attraverso i loro occhi, le loro parole e le loro storie, disegna una mappa della resistenza, si confronta con le cause dell’arretramento, dalle battaglie degli anni settanta al corpo delle donne vilipeso e negato di oggi. E in questo viaggio incontra personaggi, situazioni e vizi spesso dimenticati dalle cronache di tutti i giorni. Ogni capitolo di questa inchiesta-reportage indica un sintomo, che sia di speranza o di degradazione. Senza nascondersi mai dietro ad un dito, neppure nell’elencare le cause dell’anno zero che stiamo vivendo. Dall’ipocrisia del linguaggio sulle “escort” nei palazzi del potere, mentre le “mignotte” vengono cacciate dai marciapiedi, alla lotta dei gruppi religiosi contro un farmaco, la pillola abortiva Ru486, disponibile in tutto il mondo da anni. Dalla serie di film porno italiani dedicata agli stupri fino al sessismo in politica (e a chi cerca invano di combatterlo). Dai racconti delle femministe storiche, che ammettono anche i loro errori e non nascondono la realtà attuale, fino alle giovani studentesse e agli altri bagliori che covano sotto la cenere della ricerca di una nuova identità femminile.



Con interviste a Emma Bonino, Daniela Del Boca, Luisa Muraro, Sofia Ventura, Lorella Zanardo, Valentina Maran, Emile-Etienne Baulieu (il creatore della RU486), il regista porno Andy Casanova e altre/i.

Prefazione di Concita De Gregorio

ANAIS GINORI (Roma, 1975) lavora a la Repubblica dal 1999. È giornalista al servizio Esteri. Con Fandango ha pubblicato nel 2001 “Le Parole di Genova” e, con Sperling&Kupfer, “Non Calpestate le farfalle” (2007).

08/03/10

8 marzo.



Oggi mi va di ricordare lei: Tina Lagostena Bassi. Una donna straordinaria che ha fatto tanto per le altre donne.
Da grande mi piacerebbe essere così. Ma temo che non mi basterà tutta la vita per diventarlo.

Niente da festeggiare neanche quest'anno. Davvero niente.

05/03/10

8 anni.


Raggiungo il commesso del negozio di giocattoli tutta smarrita: è da 20 minuti che fisso lo scaffale della LEGO ma davvero non so cosa regalare a Edoardo per i suoi 8 anni.
Il ragazzetto mi precede orgoglioso e preparatissimo verso le ultime novità.
“Guarda… voleva la fattoria ma…”
Ma vaffanculo: 56 euro da spendere non ce li ho.
“Hai qualcosa di più economico?”
Mi presenta una serie di confezioni monoporzione di macchinine super aggressive ultra elaborate.
“Guarda, questo gli piacerà di sicuro: c’è una macchina da corsa che assalta il furgone portavalori”
Penso che mi stia prendendo per il culo perché mi sembra tanto paradossale che un ghigno da joker mi si stampa a metà faccia.
Guardo la copertina della scatola: c’è proprio quello che sembra un camion portavalori che si ribalta con il portellone aperto, i soldi che volano via e una macchina da corsa che incombe sulla scena, aggressiva.
“No…”
Stento a credere che mi stia vendendo un gioco che fa così chiaro riferimento a un atto illecito.
“C’è anche questo bellissimo con il camion dei rifiuti tossici”
Ed effettivamente c’è un rimorchio con dei bidoni con disegnato un teschio e un veicolo da corsa che li fa rovesciare.
Guardo il ragazzetto come se mi stesse offrendo cocaina al posto di giocattoli.
“Stai scherzando, vero?”
Allora va su qualcosa di più classico.
“Altrimenti c’è l’inseguimento con la macchina della polizia”
Gli restituisco le scatole.
“No, sono diseducativi”.
Se ne fa un baffo. Evidentemente non gli frega assolutamente nulla. Tanto per lui l’importante è vendere.
“Guarda, questo è bellissimo: sono due macchine da corsa elaborate e la scatola fa anche da pista”.
Ha fretta di sbolognarmi perché evidentemente sono una rompipalle.
Vada per le macchine da corsa da 20 euro.
Giuro che pensavo che la LEGO fosse un mondo idilliaco. O forse lo è ma dai 50 euro in su. Sotto è tutto un inferno.
Vado in cassa in pago il conto al ragazzetto insofferente.

Ringrazia il cielo che ho un nipote maschio: fosse stato femmina ti beccavi il pippone sulle Winks, le Bratz e l’immagine distorta che danno del femminile.

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